Luca Dalmasso: 100 miglia intorno a casa


Da anni (nove per la precisione) inseguo un sogno, l’ennesimo: partecipare alla prima 100 Miglia americana della storia, la più famosa e iconica di tutte: la Western States Endurance Run, in California. Le richieste sono sempre tantissime e i posti disponibili pochi: insomma, ci vuole culo, e purtroppo io finora non ne ho avuto molto. Per poter partecipare al sorteggio è necessario completare ogni anno una gara di trail di almeno 100 km.

Per il 2025 ho scelto come gara qualificante la Chianti Ultra Trail by UTMB in Toscana, a fine marzo: 125 km con 5200 metri di dislivello. Fin da ottobre ho iniziato a prepararla come non facevo da anni. Sei mesi di allenamenti intensi, strutturati, belli tosti… ma anche maledettamente fighi. Per non so per quale astrusa ragione, provo un piacere immenso ad allenarmi, pianificare, organizzare, sudare e spaccarmi il sedere. Mi piace proprio, a prescindere dal fatto che faccia gare o meno. L’importante è avere un obiettivo da inseguire e anche solo seguire meticolosamente una tabella di allenamento che mi sono scritto da solo lo considero un obiettivo. 

Per la prima volta dopo anni, ho provato a costruirmi una programmazione seria, fatta di tanti allenamenti e chilometri, settimane di carico progressivo e settimane di scarico. E’ vero che a gennaio ho avuto una brutta influenza che mi ha fermato per oltre tre settimane, ma è un dato di fatto che la gara toscana di marzo è andata piuttosto male. O almeno, male rispetto alla mie aspettative dopo sei mesi così intensi. Per carità, ho portato a termine la gara – e non è mai scontato quando si parla di distanze simili –  ma diciamo che avrei voluto (e dovuto) metterci meno delle 19 ore abbondanti e soprattutto avrei voluto (e dovuto) soffrire meno e divertirmi di più.

A quel punto il mio piano – Chianti a marzo e poi 100 Miglia Monviso a luglio – ha iniziato seriamente a vacillare. Per circa due mesi ho messo da parte tabelle e programmazione, tornando a correre come ho sempre fatto: come volevo e quando volevo. Qualche uscita lunga se ne avevo voglia, altrimenti un giro tranquillo in bici con la mia compagna Giulia andava benissimo lo stesso. Un giro in montagna, altrimenti una corsetta di 40 minuti dietro casa andava benissimo lo stesso.

A metà maggio, però, urgeva prendere una decisione: lasciar perdere la 100 Miglia o provarci ugualmente? Perchè, bando alle ciance, se uno corre 20-30 km a settimana non può esattamente pensare di affrontare una 100 miglia. Così mi sono dato un test: una gara nella Valle Borbera, una storica che non ero mai riuscito a fare per vari motivi: Le Porte di Pietra, 72 km e 3200 metri di dislivello. 

Ci sono arrivato senza preparazione specifica, senza lunghi, con pochi chilometri nelle gambe… ed è andata assolutamente benissimo! Ho corso in modo molto intelligente, sono stato bene dall’inizio alla fine, ho fatto un ottimo tempo (insperato), ho aumentato il ritmo durante la gara e sono arrivato veramente felice. Ma soprattutto mi sono divertito, nonostante la grandine, la nebbia, il sole a picco: insomma, in dieci ore di gara ho attraversato ogni tipo di meteo.

Quello è stato il punto di svolta. Lì ho capito che la 100 Miglia la volevo davvero fare.

La 100 Miglia Monviso era nata nella mente di qualche visionario già da tempo, ma possiamo considerare l’edizione zero, nell’estate del 2020 (in piena emergenza Covid), come l’inizio ufficiale della storia. Con la partecipazione di alcuni atleti su invito, si è svolta una “gara-non gara”, senza classifica: una sorta di test per verificare la fattibilità dell’evento. Si testano i tempi, i passaggi, i sentieri, i punti per ristori e Basi Vita, ecc.

Una delle cose che emerse da quell’edizione zero era che completare un anello di 100 miglia (circa 160 km) partendo da Saluzzo, lambendo il Monviso e abbracciando le due valli ai piedi del Re di Pietra (Po e Varaita) sarebbe stato un compito titanico. Si decise quindi di affidare l’organizzazione alla Fondazione Amleto Bertoni, affiancata però da un supporto tecnico: nacque così un Tavolo Tecnico composto da rappresentanti delle società podistiche del territorio. Io ne faccio parte da allora, come rappresentante della Podistica Valle Varaita.

Sono stati quattro anni intensi, pieni di lavoro (riunioni, pulizia sentieri, balisaggio, gestione Basi Vita, ristori e cancelli orari…) ma anche bellissimi, ricchi di incontri e nuove conoscenze, tanto lavoro sul territorio e per il territorio – qualcosa che mi ha sempre dato molta soddisfazione.

Quest’anno, però, sentivo fortemente il desiderio di partecipare. Anche perché, sempre nel territorio e sulle colline e montagne dove vivo, per dieci anni ho organizzato un’altra gara, il ValleVaraitaTrail, senza mai poterlo correre. E nessuno conosce ogni singola pietra di quel percorso come me!

L’idea di correre una gara lunga nella mia valle, in mezzo a persone che conosco, con cui ho collaborato, era — ed è — uno stimolo enorme.

Dopo Le Porte di Pietra, ho quindi aumentato un po’ i chilometri settimanali, ho fatto qualche uscita lunga e una gara a giugno di 52 km. Se uno punta al risultato, lo so bene, serve fare molti più chilometri, molto più dislivello, dedicare molte più ore. Ma il risultato non è mai stato il mio obiettivo. E non sempre è facile ritagliarsi il tempo per allenarsi. Due cose però sono certe: primo, mi conosco molto bene e so cosa mi basta; secondo, nei tempi che ho trovato, mi sono comunque divertito. E questo è sempre ciò che conta di più.

Per finire: mi ero ripromesso di “scaricare” nell’ultima settimana prima della 100 Miglia, riducendo drasticamente gli allenamenti. Mi sono accorto però, già a due settimane dalla gara, di essere molto molto stanco. Ho preferito mollare prima, seguendo una delle mie regole fondamentali: è più importante arrivare riposati a una gara del genere, piuttosto che allenati, ma stanchi.

E dal punto di vista mentale? come ci si prepara psicologicamente ad una gara del genere? Per i motivi che ho raccontato, questa per me è una gara molto sentita. E infatti, sinceramente, mi sta succedendo qualcosa che mi era capitata solo al Tor: e cioè che sono mentalmente MOLTO focalizzato da giorni. Continuo a pensare e ripensare a tutto quello che devo e voglio fare. Vivo l’avvicinamento in modo estremamente concentrato, ma anche molto sereno. 

Ho abbastanza esperienza per sapere a cosa vado incontro, per sapere cosa vorrà dire passare tutte quelle ore correndo giorno e notte, ma ho anche esperienza sufficiente per conoscere i miei limiti, per sapere dove posso osare… e dove no.

Sarà una sfida, sicuramente molto grande, con me stesso, ma avrò anche tanti amici e tante persone che mi conoscono sul percorso, che mi daranno energia.

Anche questo progetto con Acqua Eva sarà uno stimolo in più a non mollare, ad andare avanti. Così come lo sarà tutto il team dell’organizzazione della 100 Miglia che, nonostante io ne faccia parte, mi ha permesso di correrla e sicuramente mi seguirà e tiferà.

Dopo tutte queste premesse, come potrei sbagliare? Non potrò mica ritirarmi… farei una pessima figura!

Quindi darò tutto me stesso in questa avventura. E ancora una volta vedrò fin dove mi porterà la mia passione per il Trail Running e per la montagna.